Il Diavolo raggiunse l’infinito. Lo chiamava così, perché lo associava alla spinta creatrice primordiale, cui assistette quando il suo giovane cuore aveva ancora la massa del sole, e quel cuore pulsava ogni due secondi emettendo la luce più intensa che si avesse l’umiltà di mirare. Il Diavolo fissò l’infinito. Al suo cospetto, breve appariva il tempo da cui vagava tra i meandri oscuri dell’inferno, trascurabili i sensi di colpa e le perplessità che lo avevano attanagliato per tutta la vita, limitato il sapere che lo colmava. Il Diavolo divenne l’infinito. Non era il cosmo a delinearsi, bensì un uomo, o qualcosa più di un uomo, ma meno di un dio.