Lo sfrigolio delle foglie di una vecchia quercia riempiva il silenzio che galleggiava intorno. L’odore dell’erba saturava le narici fin quasi a inebriare la mente. Il corpo giaceva rilassato alla frescura dell’austero tronco, immerso nell’aria serena della primavera. Karen, sdraiata accanto a lui, si avvicinò al suo orecchio, sorridendogli dolce. «Jonathan, è ora di svegliarsi» sussurrò. «Devi andare al lavoro». L’uomo si destò, aprendo gli occhi nella penombra della stanza metallica. Fece un lungo sospiro, riempiendosi i polmoni di aria stagnante prima di sedersi sul letto e togliersi le cuffie telepatiche che controllavano il sonno. Guardò la moglie distesa accanto a lui, ancora beatamente immersa nel sogno immaginario; aveva programmato la sveglia olografica con le sue fattezze per rendersi più dolce il risveglio in una realtà così diversa.